Art. 29.
(Lavoro ed altre attività trattamentali all'esterno).

      1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno, sia subordinato che autonomo, in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'articolo 27. Se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 79, commessi dopo il 13 maggio 1991, l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di un terzo della pena e, comunque, di almeno cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni.
      2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.

 

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      3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato è assegnato, la quale può avvalersi a tale fine del personale dipendente e del servizio sociale.
      4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato di sorveglianza.
      5. Le disposizioni di cui al presente articolo e la disposizione di cui al secondo periodo del comma 15 dell'articolo 27, relativa soltanto a chi frequenta i corsi di formazione professionale, si applicano anche ai detenuti e agli internati ammessi a frequentare, all'esterno, corsi di formazione professionale e corsi di istruzione a tutti i livelli, anche universitari, diversi da quelli organizzati nell'istituto.